Marina Abramovič? Io la penso così

Un giorno libero davvero particolare
di Alice Signorini


Alice Signorini e Giovanna M. Carli

Stamani (mercoledì 20 settembre 2018) era il mio giorno libero (lavoro alla Scuola secondaria di primo grado "Renato Fucini" di Montespertoli, Firenze) e allora ho potuto fare le cose con calma.

Il famoso furgone Citroën, ex cellulare della polizia, con cui Marina e il compagno performer Ulay girarono il mondo


Con calma fino a un certo punto perché nell'aria (nella mia aria) c’era un misto di agitazione, adrenalina e curiosità fin dal giorno precedente quando avevo saputo che avrei partecipato alla conferenza stampa per la mostra di Marina Abramovič in qualità di assistente a questo blog.

Okay, esco di casa e mi dirigo verso la stazione dove ho fissato di trovarmi con Giovanna per poi
andare all’Odeon e sentire/vedere quello che succederà.
Mentre arriviamo all’Odeon noto i grandissimi “arazzi” che sono stati distesi su Palazzo Strozzi in occasione della mostra. In realtà cisono sempre, a rotazione li cambiano a seconda dell’esposizione, non mi dovrebbero impressionare e invece lo fanno perché, per la prima volta, i pannelli recano l’immagine frontale di Marina, a mezzobusto, con elementi diversi che rimandano ad alcune delle sue performance.
E quei suoi occhi fissi, giganteschi e leggermente arrossati, ti fissano frontali e sembrano già iniziare a scavarti dentro.

Durante la conferenza stampa. Marina è già salita sul palco e sta parlando


L’Odeon mantiene sempre il suo fascino retrò-decadente che cozza un po’ con le macchine fotografiche di cui mi vedo contornata. 

Macchine davvero enormi, professionali e perfette che mi fanno vergognare della mia scatoletta compatta (e di vari anni fa) che ho nella borsa.

Ma dove voglio andare?

Vabbé, mi guardo intorno e vedo che ci sono delle sedie vuote sul palco, dei microfoni e le prime
file sono occupate da poltrone riservate.

Parla il curatore della mostra

Intanto salgono sul palco il sindaco, il curatore e varie altre persone legate all'esposizione.

Dopo poco entra lei e nella sala cala il silenzio, un silenzio denso e pieno di rispetto e ammirazione, e poi l’applauso. 

Uno scatto live di Marina e Ulay

Lei è vestita in modo semplice e procede, a passo spedito e testa bassa, verso la
poltroncina in prima fila.

I fotografi le si accalcano intorno nascondendomela momentaneamente.

Poi iniziano le chiacchiere, parla il curatore, poi il sindaco, gli sponsor. Questa è la prima mostra monografica che viene fatta in Italia su Marina Abramovič, è la prima monografica su un’artista (donna) fatta a Palazzo Strozzi, sul suo lavoro sul corpo, sul dolore...

House with the Ocean view, ricostruzione dello scenario della famosa performance del 2008


Mentre sul palco si parla e si riparla (sempre e solo in italiano), dietro vengono proiettate foto
delle sue opere più celebri e Marina sembra commentarle sottovoce al compagno che le è seduto
accanto. A questo punto mi sono spostata, sono di lato, in piedi, perché voglio vederla bene,
vedere com'è quando non è impegnata nelle sue prove di forza e resistenza. Sarei proprio curiosa
di sapere cosa si dicono quei due mentre parlano uno nell'orecchio dell’altra, ricordi, aneddoti,
chissà.

Si alza, cammina a testa bassa “scortata” da uno dell’organizzazione e fa per andare dietro le
quinte, passandomi accanto e quasi sfiorandomi il braccio.

Io sono bloccata dall'incredibilità della situazione e quasi non me ne capacito.

Fotografia live by Giovanna M. Carli di The Hero (stampa in gelatina d'argento), 2001-2008

Poi lei sale sul palco, elegante e modesta, a occhi bassi, c’è un nuovo applauso e le offrono la sedia
al centro, ma lei inizialmente parla in piedi con una voce calda e profonda, parla lentamente come
se meditasse ogni parola che pronuncia.

Parla dell’onore di essere lì, del suo metodo, del senso/necessità delle re-performance, del suo rapporto con l’Italia e del suo ruolo di artista-donna. 

Questo aspetto è stato il fil rouge di tutta la mattinata. Cioè, okay, che al momento
sembrano servire le “quote rosa” in tutti i campi, ma io mi sono trovata d’accordo con Marina
Abramovič quando ha sottolineato che le donne non devono avere paura (e che questo è il loro
problema), ma giustamente poi ha affermato che non si dovrebbe definire l’arte con un genere e
che ci sono solo due tipi di arte, quella buona e quella cattiva.

Ricostruzione di Balkan Baroque, performance eseguita da Marina Abramović
in occasione della Biennale di Venezia del 1997 e premiata con il Leone d’Oro


Intramezza poi le sue parole con battute e parole pungenti e piano piano si allontana
dall'immagine che mi ero figurata di lei, ieratica e fredda, per diventare una persona vera.
Intelligente e rappresentativa, emotiva e sicura, timida e forte. Chiude con le parole forti,
schierate e piene di umanità dello slogan che aveva fatto scalpore “We are all on the same boat!” e fa scattare applausi e pelli d’oca.


ph. by Beatrice Carli, all rights reserved


Quando, la sera, i miei amici si sono meravigliati del clima di idolatria con cui raccontavo questa giornata, ho provato a spiegar loro il perché. Marina è sì una dei più grandi artisti degli ultimi 50 anni, ma non è solo per questo. Forse è proprio perché non sono importanti le sue opere, ma lei.
Cioè lei è le sue opere. Quindi è lei la vera opera d’arte. Quella che osservi con ammirazione,
quella che sui libri faceva un altro effetto, quella che non pensavi potesse esistere in carne e ossa,
quella che fa portare un silenzioso rispetto a tutti quelli che la circondano.

Giovanna e Beatrice Carli, ph. by Alice Signorini, all rights reserved


L'autrice del post è
Alice Signorini (classe 1983) è nata e cresciuta a Firenze. Qui ha iniziato il suo percorso di studi al Liceo Artistico L. B. Alberti e successivamente si è spostata a Carrara dove ha frequentato il corso di scultura all'Accademia di Belle Arti.
Durante i quattro anni di Accademia ha sperimentato le tecniche tradizionali e quelle più attuali e ha iniziato ad appassionarsi all'arte contemporanea.
Nel 2006 si è diplomata con una tesi su alcuni scultori contemporanei che sviluppano percorsi di recupero del figurativo in chiave moderna.
Nel 2008 ha conseguito l’abilitazione all'insegnamento di disegno e storia dell’arte nelle scuole superiori e da quell'anno lavora in scuole superiori e medie, mantenendo vivo e costante il suo interesse per l'arte.

Tutte le foto fanno parte dell'Archivio Giovanna M. Carli, storica e critica d'arte
Ph. by Alice Signorini e Giovanna M. Carli

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